L’ipotesi più accreditata è che sia dovuta a esigenze logistiche (rifornire di munizionamento la prima linea). Ciò suggerisce che Ankara non ha un supporto di aderenza avanzato.
Mosca non vuole essere coinvolta nel conflitto tra Ankara e i curdi. Intanto, le TAF intensificano i raid contro i centri di comando e controllo e le fonti di rifornimento delle SDF.
Ankara bombarda “teoriche” postazioni del PKK in Iraq (e Siria). Teheran poi interviene nelle stesse aree contro quelli che “alimentano” le proteste. Le reali agende si sovrappongono.
L’intelligence di Ankara effettua diversi arresti ad Aleppo, mentre le TAF e le milizie alleate incrementano gli attacchi. I curdi si preparano a difendersi, anche con l’aiuto di Damasco.
Baghdad, che accusa Ankara di essere responsabile della carneficina di turisti a Dohuk, rafforza la sicurezza al confine anche con il supporto curdo e richiama l’ambasciatore.
Lancio di leaflets scritti in Kurmanci sulle montagne vicino al villaggio di Hirure (Dohuk) per invitare i guerriglieri a deporre le armi e a tornare a una vita normale.
In corso imponenti manovre nell’area, cominciate con raid aerei e bombardamenti, poi sviluppatesi con un’invasione di terra nel Kurdistan. Si combatte a Tel Tamar.
Uno era a Zawiya (Salahuddin) e l’altro a Daquq (Kirkuk). Vi erano stoccate le scorte IS di C4 e IED. Intanto, in Kurdistan il PKK attacca i Peshmerga. C’è rischio di escalation.
Le SDF: Coltellata alle spalle degli Usa. Si rischia il ritorno di Isis, vanificando il sacrificio di 11mila martiri. Damasco, intanto, potrebbe approfittare del conflitto per inviare il SAA a est dell’Eufrate.
Le manovre, già cominciate, coinvolgono le montagne del Qandil (al confine con l’Iran) e Shingal, patria degli Yazidi. Ankara minaccia di colpire il campo profughi di Makhmour.