Il gruppo che opera in Nigeria si congratula in un video con l’Emirato Islamico per aver “fermato le forze infedeli”. Si attende una (improbabile) reazione da Kabul.
Il gruppo si dice fortemente preoccupato dell’erosione degli elementi democratici. Beijing, che ha aumentato il pressing su Taiwan, non può permettersi un’altra crisi.
Negoziati tra l’Emirato Islamico, Ankara e Doha su cinque scali strategici. I talebani vogliono far riprendere gli scambi, ma chi garantirebbe la sicurezza?
L’Emirato Islamico non paga da tre mesi i salari a militari e poliziotti, che minacciano di fermarsi. Per di più nel momento in cui la guerra a ISKP è in stallo.
L’Emirato Islamico auspica che la Repubblica Popolare pressi i paesi della Regione. Ma nemmeno Beijing lo ha riconosciuto e gli attacchi di ISKP complicano la situazione.
I talebani protestano, vedendo il riconoscimento internazionale allontanarsi. Anche dai loro partner come la Cina. Lo IEA sa, peraltro, che questa volta non può isolarsi.
Sanaullah Ghafari, Sultan Aziz Azam e Maulawi Rajab inseriti nella black list dei terroristi. L’emiro è Rajab; gli altri sono il portavoce di ISKP e il comandante a Kabul.
L’Emirato Islamico impone regole religiose che penalizzano sempre più le donne con la scusa della Sharia. Ciò nonostante tutte le promesse alla comunità internazionale.
Uno racconterà l’evacuazione dei civili e l’altro il salvataggio di un interprete e della sua famiglia in fuga dai talebani. C’è il rischio della spettacolarizzazione a scapito della tragedia umanitaria.