La commissione Intelligence del Senato approva all’unanimità dopo aver sentito le sue valutazioni sulle minacce, in primis dalla Cina. Ora la palla passa alla plenaria.
Terrorismo, lo Stato Islamico adotta il modello al-Qaeda e punta all’Africa
Lo Stato Islamico adotta il modello al-Qaeda e punta all’Africa. Obiettivo, creare un Califfato nel continente grazie a ISGS, ISWAP e ISCAP. Ogni gruppo opera in autonomia, ma gli obiettivi sono comuni
Lo Stato Islamico a livello globale si sta riorganizzando sul modello di al-Qaeda. E’ l’allarme lanciato dalle intelligence internazionali, secondo cui il gruppo sta spostando il suo focus dal core centrale agli affiliati regionali. In questo contesto, l’Africa è diventata centrale, in quanto IS pianifica di crearvi il nuovo Califfato. Ciò sfruttando essenzialmente le tre macro formazioni: Islamic State in the Great Sahara (ISGS) nell’area Subsahariana, Islamic State in the West Africa Province (ISWAP) ad ovest e Islamic State in the Central Africa Province (ISCAP) al centro del continente. Ognuno dei tre opera in autonomia, ma con obiettivi comuni. Inoltre, tutti stanno ricevendo finanziamenti e “assetti pregiati” come gli addestratori. A ciò, si aggiunge che in tutte le aree coinvolte sono partite massicce campagne di reclutamento, soprattutto tra i giovani. Il leit motif è “combattrere contro i governi corrotti”.
Il campo di passo di IS lo si percepisce innanzitutto dalla postura adottata dal nuovo leader: Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi: basso profilo e nessun interesse a puntare sulla figura di un leader carismatico
Il cambio di passo dello Stato Islamico verso il modello al-Qaeda lo si percepisce innanzitutto dai comportamenti del suo leader, Muhammad Said Abdal-Rahman al-Mawla (alias Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi). Questo, infatti, a differenza del suo predecessore Abu Bakr al-Baghdadi, mantiene un profilo molto basso. Non ci sono state arringhe pubbliche o periodici meeting con i suoi luogotenenti, ma solo quattro messaggi audio. Di conseguenza, anche per motivi di sicurezza, non c’è più interesse a puntare sul carisma della leadership. Inoltre, tutti i gruppi regionali IS hanno operato sotto traccia, emergendo solo grazie ad attacchi spettacolari, nel puro stile del network di Osama bin Laden. Il loro limite, che per certi versi è stato un vantaggio, è stata l’emergenza Covid-19. Questa, da una parte ha ridotto la capacità operativa dei jihadisti, che hanno meno obiettivi da colpire e più rischi. Dall’altra gli ha permesso di prendere fiato e riorganizzarsi.
In Africa la situazione è grave: ISGS, ISWAP e ISCAP continuano a espandersi. Ciò grazie a tre elementi: governi deboli, forze armate impreparate e territori molto vasti in cui muoversi
In Africa, invece, il discorso è diverso. Le aree operative dei tre gruppi dello Stato Islamico nel continente sono caratterizzate da territori molto ampi, da governi deboli e forze armate poco preparate. Ciò, unito alla poca propensione di chiedere aiuto all’estero per vari motivi, ha permesso a ISGS, ISWAP e ISCAP di crescere ed espandersi. Nemmeno gli interventi internazionali, come quello della Francia nel Sahel con l’operazione Barkhane, sono riusciti a invertire la situazione. I soldati di Parigi, nonostante alcuni grandi successi, infatti, riescono con difficoltà a contenere la crescita dei IS. Ciò anche grazie al fatto che nelle aree coinvolte operano altri gruppi, come Jama’at Nusr al-Islam wal Muslimin (JNIM), affiliato di al-Qeda. Di conseguenza, ci sono più minacce da affrontare, ognuna con obiettivi e modus operandi diversi, che cercano di evitarsi tra loro invece di combattersi come avviene in Afghanistan tra talebani e Isis Khorasan (Isis-K).
Il Mozambico è il caso emblematico di cosa succede se si persevera a mantenere un approccio “egoistico”. Peraltro, la leadership dello Stato Islamico è molto attenta all’evoluzione e sostiene l’espansione di ISCAP, come fece nelle Filippine in occasione dell’assedio di Marawi
In alcuni paesi dell’Africa la situazione è anche più grave, come nel caso del Mozambico, per il rifiuto da parte dei governi di ricevere assistenza internazionale. Niamey, infatti, ritiene di riuscire a sconfiggere Ahlu al-Sunna Wal Jamaa (al-Shabaab) impiegando esclusivamente due società di contractors sudafricani. I fatti, però, dimostrano il contrario. I miliziani pro-IS non solo mantengono il controllo di Cabo Delgado, ma hanno esteso la loro influenza anche nel sud della Tanzania e avanzano. Ciò, grazie alla conquista di Mocimboa da Praia, che attraverso il suo porto fornisce ai jihadisti tutte le risorse necessarie a portare avanti la loro offensiva. Peraltro, la leadership dello Stato Islamico monitora attentamente l’evoluzione degli eventi nel continente. Tanto che sta supportando la campagna di ISCAP, inviando rinforzi, addestratori e strateghi. Strategia adottata per la prima volta in Asia nel 2017 in occasione dell’assedio di Marawi nelle Filippine.