E’ il primo equipaggio di carristi-donna della storia coinvolto in operazioni belliche. Viene dalla Russia, invece, la prima comandante: Aleksandra Samusenko su un T-34 durante la WWII.
Terrorismo, lo Stato Islamico adotta il modello al-Qaeda e punta all’Africa

Lo Stato Islamico adotta il modello al-Qaeda e punta all’Africa. Obiettivo, creare un Califfato nel continente grazie a ISGS, ISWAP e ISCAP. Ogni gruppo opera in autonomia, ma gli obiettivi sono comuni
Lo Stato Islamico a livello globale si sta riorganizzando sul modello di al-Qaeda. E’ l’allarme lanciato dalle intelligence internazionali, secondo cui il gruppo sta spostando il suo focus dal core centrale agli affiliati regionali. In questo contesto, l’Africa è diventata centrale, in quanto IS pianifica di crearvi il nuovo Califfato. Ciò sfruttando essenzialmente le tre macro formazioni: Islamic State in the Great Sahara (ISGS) nell’area Subsahariana, Islamic State in the West Africa Province (ISWAP) ad ovest e Islamic State in the Central Africa Province (ISCAP) al centro del continente. Ognuno dei tre opera in autonomia, ma con obiettivi comuni. Inoltre, tutti stanno ricevendo finanziamenti e “assetti pregiati” come gli addestratori. A ciò, si aggiunge che in tutte le aree coinvolte sono partite massicce campagne di reclutamento, soprattutto tra i giovani. Il leit motif è “combattrere contro i governi corrotti”.
Il campo di passo di IS lo si percepisce innanzitutto dalla postura adottata dal nuovo leader: Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi: basso profilo e nessun interesse a puntare sulla figura di un leader carismatico
Il cambio di passo dello Stato Islamico verso il modello al-Qaeda lo si percepisce innanzitutto dai comportamenti del suo leader, Muhammad Said Abdal-Rahman al-Mawla (alias Abu Ibrahim al-Hashimi al-Qurashi). Questo, infatti, a differenza del suo predecessore Abu Bakr al-Baghdadi, mantiene un profilo molto basso. Non ci sono state arringhe pubbliche o periodici meeting con i suoi luogotenenti, ma solo quattro messaggi audio. Di conseguenza, anche per motivi di sicurezza, non c’è più interesse a puntare sul carisma della leadership. Inoltre, tutti i gruppi regionali IS hanno operato sotto traccia, emergendo solo grazie ad attacchi spettacolari, nel puro stile del network di Osama bin Laden. Il loro limite, che per certi versi è stato un vantaggio, è stata l’emergenza Covid-19. Questa, da una parte ha ridotto la capacità operativa dei jihadisti, che hanno meno obiettivi da colpire e più rischi. Dall’altra gli ha permesso di prendere fiato e riorganizzarsi.
In Africa la situazione è grave: ISGS, ISWAP e ISCAP continuano a espandersi. Ciò grazie a tre elementi: governi deboli, forze armate impreparate e territori molto vasti in cui muoversi
In Africa, invece, il discorso è diverso. Le aree operative dei tre gruppi dello Stato Islamico nel continente sono caratterizzate da territori molto ampi, da governi deboli e forze armate poco preparate. Ciò, unito alla poca propensione di chiedere aiuto all’estero per vari motivi, ha permesso a ISGS, ISWAP e ISCAP di crescere ed espandersi. Nemmeno gli interventi internazionali, come quello della Francia nel Sahel con l’operazione Barkhane, sono riusciti a invertire la situazione. I soldati di Parigi, nonostante alcuni grandi successi, infatti, riescono con difficoltà a contenere la crescita dei IS. Ciò anche grazie al fatto che nelle aree coinvolte operano altri gruppi, come Jama’at Nusr al-Islam wal Muslimin (JNIM), affiliato di al-Qeda. Di conseguenza, ci sono più minacce da affrontare, ognuna con obiettivi e modus operandi diversi, che cercano di evitarsi tra loro invece di combattersi come avviene in Afghanistan tra talebani e Isis Khorasan (Isis-K).
Il Mozambico è il caso emblematico di cosa succede se si persevera a mantenere un approccio “egoistico”. Peraltro, la leadership dello Stato Islamico è molto attenta all’evoluzione e sostiene l’espansione di ISCAP, come fece nelle Filippine in occasione dell’assedio di Marawi
In alcuni paesi dell’Africa la situazione è anche più grave, come nel caso del Mozambico, per il rifiuto da parte dei governi di ricevere assistenza internazionale. Niamey, infatti, ritiene di riuscire a sconfiggere Ahlu al-Sunna Wal Jamaa (al-Shabaab) impiegando esclusivamente due società di contractors sudafricani. I fatti, però, dimostrano il contrario. I miliziani pro-IS non solo mantengono il controllo di Cabo Delgado, ma hanno esteso la loro influenza anche nel sud della Tanzania e avanzano. Ciò, grazie alla conquista di Mocimboa da Praia, che attraverso il suo porto fornisce ai jihadisti tutte le risorse necessarie a portare avanti la loro offensiva. Peraltro, la leadership dello Stato Islamico monitora attentamente l’evoluzione degli eventi nel continente. Tanto che sta supportando la campagna di ISCAP, inviando rinforzi, addestratori e strateghi. Strategia adottata per la prima volta in Asia nel 2017 in occasione dell’assedio di Marawi nelle Filippine.