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UE, tra sovranità limitata e populismi. Quale futuro per l’Italia?

In Europa è stata ripristinata la sovranità limitata. Inoltre è stata riproposta la contrapposizione tra sovra-nazionalismo e sovranismo

L’attuale crisi della politica ha messo in evidenza che è stata ripristinata la sovranità limitata, in auge durante la guerra fredda, attuata da un’Europa germanizzata. Inoltre ha riproposto la contrapposizione fra sovra-nazionalismo e sovranismo, che abbiamo vissuto nel passato e che dopo il secondo conflitto mondiale ci ha fatto propendere per il sovra-nazionalismo, spinti in questa direzione anche dagli amici Americani, con l’istituzione della UE. I padri costituenti però, avevano ben chiaro il concetto di sopranazionalità europea che sarebbe dovuta approdare, con gradualità, verso una federazione o confederazione di Stati. Il risultato finale avrebbe dovuto condurci ad amalgamare le rimarchevoli diversità esistenti fra i vari Paesi e ad imbrigliare le velleità egemonizzanti delle “prime donne europee” (Francia, Inghilterra e Germania), per frantumare quell’equilibrio di potenza che sorreggeva la loro convivenza, ma che aveva condotto a conflitti disastrosi, fino al secondo conflitto mondiale che fu il più catastrofico.

In Italia lo tsunami di Mani Pulite ha aperto le porte a mestieranti, poco interessati a tutelare gli interessi nazionali anche nelle sedi istituzionali UE

La strada percorsa per conseguire questo obiettivo si è fatta via via sempre più difficile trasformandosi in un allargamento funzionale ad appetiti nazionali mai contenuti e in un funzionalismo burocratico ed inefficace, definitivamente sanzionato con l’abolizione della Costituzione europea e la sua trasformazione in Unione con il Trattato di Lisbona del 2009. Ma mentre succedeva tutto questo dove erano i difensori degli interessi degli Italiani? Purtroppo lo tsunami di “Mani Pulite”, abbattutosi sulla Repubblica nel 1992, aveva aperto le porte ai “mestieranti” che occupati come erano a:

a) consumare ostriche e champagne a spese dell’Erario;

b) proteggere con vitalizi gli interessi personali, ancorandoli soprattutto ad un’eventuale breve esperienza/legislatura politica;

c) riscuotere prebende per favorire amici e parenti negli appalti pubblici.

Non potevano tutelare nelle sedi istituzionali dell’Unione gli interessi nazionali, ovvero quelli che oggi vengono indicati come “interessi degli Italiani”, limitandosi prevalentemente alla tutela del loro benessere economico.

La politica in Italia ha passivamente accettato che la locomotiva economica europea marciasse verso Est, mentre l’UE mediterranea dei PIGs è stata fortemente penalizzata

In Italia si è passivamente accettato che la locomotiva economica europea marciasse verso est, ripercorrendo gli itinerari del mai sopito “spazio vitale”, mentre all’Europa mediterranea dei PIGs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) – tacciati come “sperperoni” – veniva riservato lo stesso trattamento che l’ideologia neonazista, peraltro mai morta, aveva in serbo per le popolazioni slave. Questo assenteismo ha permesso di depredare in Grecia aeroporti, isole, industrie e risparmi privati, facilitando l’applicazione del motto romano “divide et impera”, per procedere poi verso analoghi saccheggi (Portogallo, Italia e Spagna).

Oggi si vuole proporre una secessione dall’Europa in maniera dirompente, impiegando il populismo come fattore di potenza

Ora nel nostro paese si vuole promuovere una secessione dall’Europa in maniera dirompente, impiegando il populismo come fattore di potenza? Come è possibile se:

a) non abbiamo materie prime con cui rivitalizzare un’economia finanziaria imposta da: Wall Street, City londinese che con la Brexit ha riguadagnato il legame ombelicale con gli USA e rivitalizzato l’economia del suo Commonwealth e agenzie di rating che intendono declassare l’attuale «Baa2» dell’Italia;

b) non abbiamo prodotti energetici su cui contare visto che ci è stata depredata la Libia, unico partner che avrebbe potuto rifornirci a bassi costi;

c) non siamo una potenza militare con cui operare deterrenza verso avversari e partner.

E allora rassegnarsi? Assolutamente no! Noi disponiamo di un incomparabile fattore di potenza che si chiama cultura, che ha i suoi “Pilastri” in: Armonia, Limiti, Proporzioni e Misura che abbiamo impiegato in capi di battaglia ove altri hanno attuato contegni dispregiativi della dignità umana.

Consentire la realizzazione di sovrastrutture che hanno favorito un’Europa a due velocità ha penalizzato fortemente l’Italia

Purtroppo anche se socio fondatore della Comunità Europea, ora trasformata in Unione, l’Italia non è stata molto attenta alla sua costituzione, demandando ad altri questo privilegio e consentendo la realizzazione di sovrastrutture che hanno favorito solo gli interessi di un’Europa due velocità. Una UE divenuta ormai esclusivamente franco-tedesca, dopo la firma del trattato di Aquisgrana, ovvero del trattato di cooperazione franco-tedesca, firmato il 22 gennaio 2019.

Le soluzioni per riprendere il giusto peso nella UE ci sono, ecco quali sono

Occorre re-inserirsi a pieno titolo nel processo di unificazione europea e non andare a rimorchio delle due “prime donne”, impiegando il nostro fattore di potenza culturale con cui possiamo contrastare:

a) gli espansionismi luterani di un 4° Reich economico che ha demolito la Grecia, suscitato la crisi in Ucraina – inducendo Putin ad assumere posizioni intransigenti – e imposto a Stati terzi diktat da sovranità limitata;

b) le ambizioni egemoniche francesi nell’area mediterranea e nell’Africa nord-occidentale che giàci sono costate la disarticolazione dei nostri interessi petroliferi in Libia.

Rimanere in Europa è imperativo, ma a patto che la UE torni a essere la “casa comune”

Occorre anche restare in Europa a piè fermo per costruire quella tanto agognata casa comune europea auspicata dai “padri fondatori”, patteggiando con i partner revisioni attinenti a:

a) sovrastrutture dell’Unione per condurle verso istituzioni federaliste che garantiscano una Costituzione che non dia privilegi, ma assicuri la pari potestà, la pari dignità politica e interessi vitali nazionali comuni a tutti gli aderenti, difendendoli a spada tratta;

b) politiche economiche e finanziarie per una crescita comunitaria e non a senso unico, che favoriscano politiche di “sovranismo”;

c) protezione del benessere economico degli Europei, ripristinando la suddivisione fra banche finanziarie e banche commerciali (Nota 1);

d) arginare la speculazione sullo spread, (con maggiore vigilanza ed interventi della Banca d’Italia) i cui meccanismi vengono solo edulcorati dalla pubblica informazione, ma non vengono sviscerati nella loro completezza. Superficialità che facilita la speculazione finanziaria di banche e grandi investitori privati sia all’atto dell’acquisto dei nostri titoli di debito pubblico, sia con l’affiancamento di swap, che vanno ad incrementare altre e più gravi speculazioni sullo  stesso debito pubblico.

Si possono attuare provvedimenti interni a tutela dei risparmiatori, proteggendoli dalla speculazione finanziaria

Qualora ciò sia ostacolato dai trainer dell’economia finanziaria è sempre possibile attuare provvedimenti interni nei confronti di quei risparmiatori – tutelati dalla direttiva MiFID – che non intendono fare manovre speculative come dagli stessi dichiarato all’atto della sottoscrizione della profilatura e valutazione di adeguatezza all’investimento. Questa tipologia di risparmio potrebbe essere investita non nella speculazione finanziaria ma nel sostegno delle PMI, traendone anche un risicato interesse per i risparmiatori, che ora devono pagare le banche perché “custodiscano” i loro risparmi. Il provvedimento renderebbe certamente meno barricadieri i cittadini, invece che andare ad incidere sulle loro pensioni. E per favore non venite a raccontarci che non si può fare, visto che dal 23 marzo 2018 giace in Senato un disegno di legge ad hoc che nessuno si è peritato di sostenere.

I nostri parlamentari devono riprendere a difendere gli interessi vitali nazionali

Ma dove sono quei parlamentari, democraticamente eletti, che siano concretamente e non a chiacchiere interessati a difendere gli interessi vitali nazionali? Qualora ci fossero sarebbe opportuno che si rimboccassero le maniche atteso che ancora non siamo negli Stati Uniti di Europa ma solo in una Unione di fatto di Stati che non intendono collaborare per armonizzare i rispettivi interessi comunitari. Ai posteri l’ardua sentenza.

Gli Indomabili

Gli Autori

Luciano Piacentini – Brevettato incursore, è stato Comandante di Unità Incursori nel grado di Tenente e Capitano. Assegnato allo Stato Maggiore dell’Esercito, ha in seguito comandato il Nono Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” e successivamente ricoperto l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Brigata Paracadutisti “Folgore”. Ha prestato la sua opera negli Organismi di Informazione e Sicurezza con incarichi in diverse aree del continente asiatico. E’ laureato in Scienze Strategiche e Scienze Politiche.

Claudio Masci – Ufficiale dei Carabinieri proveniente dall’Accademia Militare di Modena, dopo aver assunto il comando di una compagnia territoriale impegnata prevalentemente nel contrasto al crimine organizzato, è transitato negli organismi di informazione e sicurezza nazionali. Laureato in scienze politiche. Tra i suoi contributi L’intelligence tra conflitti e mediazione, Caucci Editore, Bari 2010 e The future of intelligence, 15 aprile 20122, Longitude, rivista mensile del MAECI.

Pino Bianchi – Architetto, esperto in risk management, organizzazione, reingegnerizzazione dei processi e sistemi di gestione aziendali. Per oltre venti anni ha diretto attività di business, marketing, comunicazione e organizzazione in imprese multinazionali americane ed europee. Consulente di direzione in ICT, marketing, comunicazione, business planning e project financing.
Claudio Masci e Luciano Piacentini sono gli autori di: “The future of intelligence”, articolo del 15 aprile 2012, pubblicato su Longitude, rivista mensile del MAECI, nonché dei libri: “L’intelligence tra conflitti e mediazione”, Caucci Editore, Bari 2010 (esaurito) e di “Humint… questa sconosciuta (Funzione intelligence evergreen)”, acquistabile da Amazon a questo link

 

Nota 1: Sistema bancario nazionale: l’impianto legislativo del nostro sistema bancario è composto da:

  • Legge-delega Amato-Carli, 30 luglio 1990 218;
  • Decreto legislativo di attuazione n. 356 del 20 novembre1990;
  • Legge-delega Ciampi n. 461 del 1998;
  • Decreto legislativo di attuazione n. 153 del 1999;
  • Legge n. 448 del 2001 (cosiddetta legge Tremonti);
  • Legge n. 112 del 2002 (norma di interpretazione autentica).

Come è evidente dalle prime date della normativa sopra riportata la trasformazione del sistema bancario nazionale inizia in previsione del disfacimento dell’URSS (19 gennaio 1990 e il 26 dicembre 1991), con l’avvento delle strategie economiche della deregulation e dello “Stato Minimo” propugnati dai neocon statunitensi (reaganismo 1980-1989) e l’asserito intento di aggiornare il sistema finanziario italiano rispetto alla cosiddetta «Unità Economica Europea» in linea con Basilea 1(Nel 1988, a Basilea – Svizzera – venne adottato dalle banche centrali di tutto il mondo riunite nel Comitato di Basilea –BCBS-  un provvedimento che stabiliva una serie di requisiti patrimoniali minimi per gli istituti di credito, promulgato dal G10 nel 1992).

In pratica l’Italia doveva aprire i propri mercati finanziari ai partner europei e statunitensi che erano molto più potenti ed agguerriti di noi.

Fino al 1990, più della metà degli enti creditizi nazionali era di diritto pubblico, cioè controllati con un pacchetto di maggioranza dallo Stato, e per modificare questa architettura il Governatore della Banca d’Italia (Carlo Azeglio Ciampi) trovò la soluzione, rendendo le banche nazionali appetibili per gli investitori stranieri.

Infatti, venne varata la cosiddetta “Legge Amato” con la quale le funzioni di diritto pubblico delle banche furono separate da quelle imprenditoriali. In sintesi dalle banche pubbliche furono costituite le fondazioni, mentre le banche furono trasformate in enti di diritto privato secondo il modello delle società per azioni. Le Fondazioni bancarie inizialmente dovevano rimanere proprietarie dei pacchetti di controllo delle banche conferitarie ed il nuovo modello di banca – detta anche banca universale o banca mista – fu sottoposto al controllo delle Fondazioni, in un regime di controllo pubblico. Nel 1994, però, furono abrogate le norme di controllo pubblico delle Fondazioni che si trasformarono in enti di diritto privato “asseritamente” no profit.

Le normative in argomento ha permesso alle banche italiane, che erano istituti di credito di diritto pubblico, di trasformarsi da una parte in società per azioni e dall’altra di generare delle Fondazioni alle quali furono conferite tutte quelle attività non tipiche dell’impresa.

Le normative in pratica abolirono, di fatto, la riforma bancaria dettata durante il fascismo, con il Decreto Legge n.375 del 12 marzo 1936 e Legge n.141 del 7 marzo 1938. Tali provvedimenti introducevano la specializzazione degli enti di credito, che dovevano scegliere se essere o commerciali o di investimento e separava le banche dalle imprese non bancarie, norme adottate in seguito al crollo di Wall Street del 1929.

Le Fondazioni generate dalla legge Amato, contrariamente alle previsioni, hanno assunto nel tempo un notevole rilievo e attraverso varie modifiche legislative sono diventate holding che gestiscono il pacchetto di controllo della banca partecipata di cui restano i principali azionisti, affidandolo non più a enti pubblici con capitale detenuto a maggioranza dallo Stato, ma a società per azioni di diritto privato. In tal modo hanno favorito la concentrazione e l’accorpamento degli istituti bancari con la costituzione di gruppi ispirati al modello del gruppo creditizio polifunzionale, con un incentivo fiscale per i gruppi che si fondevano.

Allo stato attuale le Fondazioni di origine bancaria, sono soggetti non profit, privati e autonomi, che perseguono scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico come “persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale”. Le stesse annoverano tra gli enti sovvenzionabili o finanziabili oltre alle imprese strumentali, alle imprese sociali, alle cooperative sociali, anche le cooperative che operano nel settore dell’informazione, fra cui quelle giornalistiche, e quelle che operano nei settori dello spettacolo e del tempo libero.

Lo stesso Giuliano Amato, creatore delle Fondazioni bancarie, le ha definite «mostro giuridico» e la Corte Costituzionale si è dovuta esercitare in difficili equilibrismi per giustificarne l’esistenza nell’ordinamento giuridico nazionale. Le stesse, inoltre, sono accusate di essere in mano a lobby di ex-politici e faccendieri e sono anche criticate per clientelismi e scambi di influenze in quanto sono entrate a “manovrare” anche enti di diritto pubblico fra cui la Cassa Depositi e Prestiti, nella quale sono raccolti i risparmi di tutti gli Italiani, per finanziare enti e società private in crisi fallimentare e/o debitoria. (vds servizio di Report del 14/10/2012 su: https://www.raiplay.it/video/2012/10/Report-del-14102012-d1549ec4-0b30-4421-86be-89736bd400a1.html).

In definitiva nel 1988, sotto la spinta di Basilea 1la Comunità Europea ha innescato un processo di forte liberalizzazione e privatizzazione dell’economia, contraria ad ogni forma di «aiuti di Stato» e volta a privilegiare un utopico regime di piena concorrenza tra le imprese che di fatto ha creato holding e trust economico-finanziari che condizionano lo sviluppo della UE a favore dei grandi investitori privati. Potentati che si sono ulteriormente rafforzati ed operano ormai a tutto campo dal 1999 in seguito alla definitiva abolizione da parte del presidente americano Bill Clinton (https://en.wikipedia.org/wiki/Gramm–Leach–Bliley_Act) della separazione fra banche commerciali e banche finanziarie (http://www.lagazzettaennese.it/2016/03/ferdinand-pecora-il-magistrato-nato-a-nicosia-che-indago-sul-crash-di-wall-street-nel-1929/)e la costituzione delle banche universali.

 

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