L’esca è la mancata consegna per l’assenza del destinatario. L’obiettivo resta rubare i dati personali e della carta, nonché far abbonare la vittima a un servizio a pagamento.
Ucraina: i contractor stranieri vanno a caccia di civili, ma per salvarli

In Ucraina ci sono gruppi di contractor, i Pryvyd, che si muovono in silenzio lungo e all’interno della prima russa, per portare i salvo i civili. Joe, veterano di tante guerre e cordinatore di una PMC, ci ha raccontato come lavorano e perché
In Ucraina ci sono gruppi di uomini che si muovono silenziosamente lungo la prima linea dell’offensiva russa a Est, ma che non combattono contro le truppe di Mosca a meno di non essere costretti a farlo. Li chiamano i Pryvyd (fantasmi) e sono i contractor di diverse società internazionali di PMC che hanno una missione ben precisa: estrarre i civili dalle zone più calde e portarli in luoghi sicuri, possibilmente all’estero. Sono tutti membri in congedo delle forze speciali di vari Paesi, veterani di questo tipo di operazioni. Abbiamo intervistato uno di loro, che chiameremo John Doe (il nome è di fantasia per proteggere la sua incolumità), per capire cosa fanno, come e perché. “In Ucraina ci sono diverse PMC, come quella che rappresento, che si occupano di estrarre civili dalle zone a rischio e di portarli al sicuro”, ha spiegato, definendoli “asset”.
I civili da salvare si chiamano “asset”. Si tratta di singoli ucraini o di intere famiglie bloccati nelle aree di scontro tra le forze di Kiev e le truppe di Mosca
“Solitamente sono persone singole o intere famiglie bloccate nel mezzo degli scontri, che per diversi motivi non riescono a fuggire in autonomia. Il nostro compito è trovarli, andarli a prendere e scortarli dove richiesto”, ha aggiunto. Per farlo, i contractor organizzano delle vere e proprie operazioni di salvataggio, come quelle che si vedono nei film con gli ostaggi. Si chiamano Noncombatant Evacuation Operations, in gergo militare NEO. Organizzarle non è facile, ma bisogna fare in fretta. Specialmente in un territorio come quello ucraino, dove la situazione evolve velocemente. “Appena ricevuto dalla nostra azienda un input sulla missione da compiere con le informazioni disponibili, ci attiviamo – ha sottolineato il contractor -. Il nostro team effettua ulteriori verifiche e cerca di mettersi in contatto con l’‘asset’ da prelevare per organizzare l’estrazione”.
Una volta ottenuta la missione, il primo passo è mettersi in contatto con i civili da estrarre e capire dove si trovino esattamente
“Non sempre però siamo fortunati e riusciamo a farlo”, ha spiegato Joe. Spesso, infatti, ci sono problemi di connessione per i cellulari nella Nazione. Specie nelle aree dove sono in corso battaglie. Inoltre, i civili non sempre rimangono negli stessi luoghi, ma si spostano continuamente per evitare di finire coinvolti negli scontri. “In questo caso, abbastanza frequente, dobbiamo muoverci lateralmente lavorando su altre vie per rintracciare gli asset. Fortunatamente abbiamo degli ottimi analisti – aggiunge il contractor -, ma contiamo anche sul supporto informativo che ci arriva da altri partner ed entità, locali e internazionali”. Su questo non vuole aggiungere dettagli, ma si tratta di una vera e propria caccia all’uomo – basata su tecnologia, informazioni d’intelligence e fonti – per localizzare nel minor tempo possibile le persone da salvare. “La finestra temporale per le operazioni purtroppo è sempre breve – ha ricordato -. Quella che fino ad oggi è un’area semi-permissiva, domani potrebbe non esserlo più per l’intensificarsi degli attacchi o per l’arrivo di unità russe”.
La pianificazione dell’estrazione è cruciale. Bisogna tenere conto di tutto, anche dell’imponderabile
Comunque, una volta localizzate le persone da salvare con un buon livello di certezza, viene organizzata l’operazione. “La pianificazione dell’estrazione è la fase più delicata, è un po’ come una partita a scacchi – ha detto Joe -. Devi tener presente tutta una serie di fattori e di variabili, anche imprevisti. Soprattutto se ci sono bambini. Inoltre, non è escluso che percorrendo un tratto di strada considerato sicuro, ti possa imbattere in una pattuglia russa che in teoria si doveva trovare a 30 chilometri di distanza. Devi reagire subito, decidendo velocemente, per portare a termine la missione correndo meno rischi possibili”.
Gli operatori internazionali cercano sempre di evitare il contatto con le truppe russe se possibile
I TIC, i contatti con i soldati russi, come li chiamano i contractors, sono sconsigliati e sono stati molto radi finora. Si preferisce evitarli, cambiando strada e segnando sul GPS le posizioni di quelle che sono definite le “forze ostili”. I dati verranno poi girati alla sala operativa e agli altri partner. “Da quando siamo in Ucraina, siamo stati costretti a ingaggiare i russi solo una volta finora – ha raccontato – e lo abbiamo fatto perché non c’era scelta. La pattuglia si trovava sull’unica strada della zona e noi dovevamo percorrere necessariamente quella. Fortunatamente, come abbiamo cominciato a sparare, si sono spaventati a morte e sono fuggiti senza rispondere al fuoco”. Ma non sono solo i russi il pericolo. A volte, le stesse persone da salvare creano grandi difficoltà ai loro “angeli custodi”.
A volte le difficoltà provengono invece dalle vittime da salvare
“Quando riusciamo a entrare in contatto con gli asset, forniamo loro tutta una serie di indicazioni da seguire in previsione dell’estrazione, per evitare sorprese”. Le sorprese, però, sono all’ordine del giorno e le regole vengono spesso interpretate. “In un’occasione abbiamo dovuto aspettare una vecchietta, che non ha voluto rinunciare alla messa anche se erano in corso bombardamenti sul suo villaggio – ha ridacchiato Joe ricordando l’episodio -. Comunque, ho grande rispetto per quella donna, che ha dimostrato di mantenere salde le proprie convinzioni e priorità a costo della vita. In altre, ci siamo trovati davanti a molte più persone da evacuare, rispetto a quelle previste. Poco tempo fa, per esempio, un nucleo familiare di quattro persone è diventato di undici. In teoria avremmo dovuto lasciare là chi non faceva parte della lista, ma non ce la siamo sentita. Usando ciò che avevamo a disposizione e con una grande dose di fortuna, siamo riusciti a far partire tutti, caricandoli su un vecchio pulmino arrugginito che era stato abbandonato nei paraggi”. Un misto tra la storica serie tv A-Team e il film L’Ultima Alba con Bruce Willis e Monica Bellucci.
A ingaggiare le PMC non sono solo governi e istituzioni, ma anche le stesse famiglie degli ucraini, che vivono all’estero e vogliono portare in salvo i loro cari
Ci sono anche estrazioni complicate in partenza, seppur lo scenario non lo direbbe. “In alcuni casi, molto pochi per fortuna, abbiamo evacuato intere famiglie che si portavano dietro i loro averi – ha spiegato il contractor -. Lo sapevamo in anticipo ed era previsto dalla missione, ma è stato comunque complesso”. Anche i clienti, come le missioni, sono variegati. Sui loro nomi c’è il massimo riserbo, ma scopriamo un fatto interessante. Ai governi ed entità estere, che si affidano alle PMC per riportare in patria i loro cittadini, si è aggiunta un’altra categoria: gli stessi ucraini. Sono cittadini del Paese europeo, che vivono all’estero e che sono preoccupati per i loro cari rimasti a casa. Contattano le società di contractor e si indebitano o organizzano collette all’interno delle loro comunità per pagare le estrazioni, come dei moderni Ross Perot. Joe per ovvie ragioni di riservatezza non lo vuole confermare, ma non lo nega neppure.