skip to Main Content

Terrorismo, l’origine del Califfato è la Rivoluzione Islamica: dal “Risveglio Islamico” a ISIS

Competizione internazionale tra Wahhabismo e Fratellanza Musulmana

Sia il Wahhabismo sia la Fratellanza Musulmana sono usciti dai confini entro i quali sono sorti (Arabia Saudita ed Egitto) alla ricerca di una legittimità nel mondo islamico. Anche se all’inizio vi è stata una parziale convergenza grazie al comune riferimento alla Salafia, nel tempo le due correnti sono entrate in una latente conflittualità che nell’ultimo decennio si è trasformata in aperto scontro. Dopo il fallito attentato alla vita di Gamal Abd el-Nasser nel 1956, l’organizzazione dei Fratelli Musulmani fu sciolta e i suoi membri furono costretti ad emigrare. Ripararono in Arabia Saudita, all’epoca grande avversario dell’Egitto schierato su posizioni socialiste.

All’inizio i rapporti furono di mutuo interesse

Il rapporto fra il Regno Saudita e la Fratellanza fu inizialmente di mutuo interesse: i Fratelli ottennero protezione e un ruolo chiave nell’educazione, mentre l’Arabia Saudita sfruttò la potente predicazione ideologica della Fratellanza come strumento di contrasto al pan-arabismo egiziano nonché al comunismo sovietico e come leva di potere per assumere l’egemonia sul mondo islamico.  Ne sortì un gruppo ibrido che coniugava l’attivismo politico della Fratellanza – avverso ai poteri coloniali e contrario ad una società non pienamente islamica – con la dottrina wahhabita incentrata sulla purificazione del credo religioso.

La Guerra Fredda e la rivoluzione khomeinista generarono una “fiammata” integralista

L’avvento della “Guerra Fredda” fra est ed ovest dopo la Seconda Guerra Mondiale investì anche il modo arabo-mussulmano con l’esportazione della rivoluzione sovietica. Sicché al contenzioso est-ovest si aggiunse anche quello nord-sud, effetto di un rovinoso fallimento politico, sia del nazionalismo laico importato dall’Occidente sia delle teorie comuniste mutuate dall’URSS. Pertanto molti musulmani si ritennero strumentalizzati sia da est che da ovest e la rivoluzione khomeinista arrivò nel ’79 come un temporale d’estate, catalizzando il malcontento musulmano in tutta l’area nord-africana e medio-orientale. Le forze di opposizione ai vari governi dell’area trovarono un punto di riferimento nella rivoluzione khomeinista. Da qui quella fiammata integralista o il cosiddetto “risveglio islamico”, che ha investito tutto l’Islam e alimentato anche dall’odio verso Israele, verso gli Stati Uniti e quindi verso l’Europa indicata come loro alleata.

Il mondo fu diviso in “Impero del Male o Grande Satana”

In pratica il mondo fu diviso in “Impero del Male o Grande Satana”, attribuito al mondo occidentale” e “Piccolo Satana” dedicato all’URSS. La rivoluzione iraniana, pertanto, rappresentò per tutto il mondo islamico – non solo per quello sciita – la prima dimostrazione della possibilità di un radicale rovesciamento dello status quo politico in nome di un “Islam puro”, come riposta alle deludenti politiche di modernizzatori laici, fossero essi nasseriani o baathisti. In definitiva, con Khomeini il mondo islamico recuperò una sua autonoma capacità rivoluzionaria non più derivante dall’innesto, seppur su un sostrato autoctono, di ideologie di matrice occidentale o sovietica. Per conseguire questo obiettivo il mondo islamico, secondo la dottrina khomeinista, avrebbe dovuto rivolgere lo sguardo al passato, alle sue origini, che nel contesto sciita assunsero l’aspetto del governo dell’Imam, mentre in quello sunnita la forma del mito salafita del califfato dei cosiddetti “pii antenati” e dei califfi “ben guidati”.

Cosa determinò il “Risveglio Islamico”

Il “risveglio islamico” pertanto si inserì nella “Guerra Fredda” con uno scontro Nord-Sud, una sfida per ristrutturare la politica ed il sociale con un’ideologia religiosa, riscoprendo l’insieme di quei legami coranici che mantenevano i rapporti fra i credenti definiti Ummah. A partire dagli anni Ottanta, l’avvento del cosiddetto “Risveglio Islamico” favorì:

  • da un lato la “wahhabizzazione” dell’Islam, con miliardi di dollari elargiti ed investiti – ancora tuttora – a sostegno del soft power saudita. Elargizione finalizzata a conquistare e mantenere la leadership sunnita e la custodia dei luoghi sacri dell’Islam che non si riducono solo alle moschee di La Mecca e Medina ma a tutto il territorio saudita. Tesi questa conclamata da eminente rappresentante dei Saud che “considera l’Arabia Saudita come la Città del Vaticano del mondo arabo, territorio in cui non si possono edificare chiese”.
  • Il Wahhabismo per la sua diffusione a livello planetario sfruttò soprattutto i petrodollari elargiti sia privatamente sia attraverso organizzazioni internazionali e/o ONG. L’indottrinamento avvenne – ed avviene tuttora – finanziando la costruzione di moschee, scuole coraniche, centri culturali islamici, sia nei paesi a maggioranza islamica che nel resto del mondo. In tali luoghi le predicazioni e gli insegnamenti somministrati sono stati e sono più politici che religiosi ed hanno causato la radicalizzazione di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Nel vuoto creato dalla decimazione della sinistra laica e del riformismo arabo, sono intervenuti i wahhabiti con risorse finanziarie illimitate, diffondendo globalmente il loro credo non per merito, ma perché ben finanziato anche mediante la Lega Musulmana Mondiale;
  • lo sviluppo del cosiddetto “Islam militante”, un coacervo di individui politicamente impegnati nel manipolare a loro piacimento i testi sacri, agevolati dalla mancanza di un unico rappresentate religioso dell’Islam sunnita. A differenza dell’Islam sciita – che ha la figura unificante dell’Imam – quello sunnita ha varie scuole coraniche con diverse correnti al loro interno e predicatori di ogni specie che hanno ispirato la loro propaganda ad una sorta di “Internazionale Musulmana” per realizzare, uno Stato Islamico sul modulo del governo di Maometto a Medina tra gli anni 621 e 631. Questo ritorno alla genesi si sarebbe dovuto attuare con la costituzione di uno “Stato Islamico”, di moderna concezione, strumentalizzando il Corano e allevando una gioventù frustrata e stanca di vivere in “banlieu” e/o campi profughi, dove si instilla l’odio.
  • l’utopia di uno «Stato Islamico» moderno perché – tanto nel modello sciita di Khomeini, quanto in quello sunnita di Sayyid Qutb, ispiratore dei Fratelli Musulmani – doveva fondarsi sulla giustizia e l’assistenza sociale, su forme democratiche di consultazione popolare volte a limitare l’arbitrio del potere sovrano, oltreché sul Corano e i Detti del Profeta. Obiettivo da conseguire mediante la Jihad – termine che significa «sforzo, impegno», in senso morale e spirituale – ed il jihad inteso come strumento militare e rivoluzionario, difensivo e offensivo. Quest’ultima accezione di jihad, fu riportata trionfalmente in auge proprio nel 1979 sull’onda del successo di Khomeini e del conseguente recupero dell’ideologia sunnita di Qutb nella guerra contro l’URSS in Afghanistan.

Il “Risveglio Islamico” incrinò l’idillio fra la Fratellanza Musulmana e il Wahhabismo

L’idillio fra la Fratellanza e il Wahhabismo pertanto cominciò ad incrinarsi con l’avvento del cosiddetto “Risveglio Islamico”, scatenato dalla rivoluzione khomeinista del 1979. I fratelli Musulmani nei decenni successivi alla loro nascita, si erano trasformati in movimento di riforma politico-religioso, per rinnovare le società islamiche attraverso la ricostituzione nel sociale dei valori religiosi originari. Pertanto, anche se contigua al salafismo wahhabita, la Fratellanza ha sempre rappresentato un pericoloso avversario per le petro-monarchie del Golfo, a causa della sua impostazione ideologica «dal basso», contrapposta al governo monarchico imposto “dall’alto”. Per questo è diventata rapidamente invisa anche agli altri governanti arabi laici, i quali vedono nella Fratellanza un pericoloso oppositore politico capace di attrarre le masse meno abbienti dei loro contestatori interni.

L’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 fu il banco di prova per la galassia islamista

L’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 divenne, pertanto, il banco di prova per la galassia islamista e rappresentò un’opportunità per dimostrare che l’Islam politico, dopo tante battute d’arresto, poteva trionfare. Infatti la guerriglia sviluppata in Afghanistan contro le truppe sovietiche vide per un certo periodo una cooperazione fra wahhabiti, Fratelli Mussulmani ed altre fazioni della galassia islamista, che supportarono l’ideologia califfale rafforzata e sostenuta negli anni ’80 da Abdullah Azzam. Questi, esponente di rilievo della Fratellanza, aveva già islamizzato il Pakistan di Zia Ul Hak con l’aiuto dei suoi consiglieri politico-religiosi Abul Ala Maududi e Said Ramadan (genero di al Banna). Questa nuova ibridazione fra il wahhabita Osama bin Laden e i Fratelli Mussulmani Abdullah Azzam e Ayman al-Ẓawahiri, declinò la ricostruzione del califfato attraverso un doppio binario: costituire wilayat regionali anche tramite il jihad e narcotizzare l’Europa e gli Stati Uniti con una penetrazione economica, politica e sociale soft.

Al Qaeda, la morte di al Zarqawi e di bin Laden, fino alla nascita dell’ISIS

Al Qaeda, creatura di questa collaborazione, inizialmente fu sponsorizzata da entrambi i movimenti religiosi, ma la convivenza ideologico-strategica fra la dottrina wahhabita e quella della Fratellanza resistette fino al 2006, quando morì al-Zarqawi, padre naturale dello Stato Islamico e si frammentò definitivamente nel 2011 con la morte di bin Laden. La morte di Osama bin Laden spense l’artefice del jihad globale che teneva insieme le due anime che propugnavano il califfato – il Wahhabismo e i Fratelli Musulmani – da cui nascono le due facce di una stessa medaglia, al Qaeda prima e ISIS dopo.

ISIS si manifesta in tutta la sua crudeltà con l’Ikhwan

Dopo la morte di bin Laden la dottrina wahhabita degli Ikhwan diede vita all’ISIS che poco dopo manifestò in tutta la sua crudezza il metodo di combattimento degli Ikhwan, sgozzando in diretta gli “infedeli” maschi catturati e stuprando le donne. Mentre il Qatar continuò a finanziare al Qaeda, rivendicando il suo “Wahhabismo del mare”, un modello più aperto e flessibile rispetto a quello del deserto, praticato dagli Ikhwan e dai Saud, guidata dal Fratello Mussulmano Ayman al Zawahiri.

Gli Indomabili

Capitolo Tre

Capitolo Due

Capitolo Uno

Gli Autori

Luciano Piacentini – Brevettato incursore, è stato Comandante di Unità Incursori nel grado di Tenente e Capitano. Assegnato allo Stato Maggiore dell’Esercito, ha in seguito comandato il Nono Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” e successivamente ricoperto l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Brigata Paracadutisti “Folgore”. Ha prestato la sua opera negli Organismi di Informazione e Sicurezza con incarichi in diverse aree del continente asiatico. E’ laureato in Scienze Strategiche e Scienze Politiche.

Claudio Masci – Ufficiale dei Carabinieri proveniente dall’Accademia Militare di Modena, dopo aver assunto il comando di una compagnia territoriale impegnata prevalentemente nel contrasto al crimine organizzato, è transitato negli organismi di informazione e sicurezza nazionali. Laureato in scienze politiche. Tra i suoi contributi L’intelligence tra conflitti e mediazione, Caucci Editore, Bari 2010 e The future of intelligence, 15 aprile 20122, Longitude, rivista mensile del MAECI.

Pino Bianchi – Architetto, esperto in risk management, organizzazione, reingegnerizzazione dei processi e sistemi di gestione aziendali. Per oltre venti anni ha diretto attività di business, marketing, comunicazione e organizzazione in imprese multinazionali americane ed europee. Consulente di direzione in ICT, marketing, comunicazione, business planning e project financing.

ANTIOCO – Ha maturato varie esperienze lavorative in Italia e all’estero occupandosi di consulenza direzionale, sviluppo di mercati, cooperazione internazionale e gestione commerciale per rilevanti realtà industriali. Da sempre attento ai temi della security, ha ricoperto in realtà strategiche nazionali vari ruoli di responsabilità occupandosi di business continuity, security strategic planning, security communication, ricerca e analisi informativa e corporate intelligence.

Francesco Bussoletti

Claudio Masci e Luciano Piacentini sono gli autori di: “The future of intelligence”, articolo del 15 aprile 2012, pubblicato su Longitude, rivista mensile del MAECI, nonché dei libri: “L’intelligence tra conflitti e mediazione”, Caucci Editore, Bari 2010 (esaurito) e di “Humint… questa sconosciuta (Funzione intelligence evergreen)”, acquistabile da Amazon.

Back To Top