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Siria, la Turchia minaccia un attacco imminente contro i curdi a Idlib

La Turchia pronta a lanciare in ogni momento un attacco in Siria contro SDF/YPG a Idlib
La Turchia minaccia un attacco imminente in Siria contro le SDF/YPG. Il presidente Recep Tayyp Erdogan ha annunciato nelle scorse ore che “abbiamo concluso i preparativi. Siamo pronti a cominciare in qualsiasi momento”. Le truppe di Ankara sono state schierate in massa ai confini con l’enclave di Idlib. Le manovre, se ci saranno, avverranno in direzione di Afrin e Manbij. Intanto, l’artiglieria di Erdogan ha colpito a più riprese postazioni curde nelle due zone. I combattenti, però, hanno risposto distruggendo in diverse occasioni alcuni carri armati nemici e lanciando proietti a loro volta. La situazione rischia di degenerare in brevissimo tempo e la diplomazia internazionale, soprattutto quella russa e Usa, sta lavorando febbrilmente per gettare acqua sul fuoco.
Ankara, per dare il via all’offensiva contro i curdi, dovrà avere il preventivo ok della Russia. Che non è detto arrivi, in quanto anche Mosca li sostiene
L’eventuale offensiva della Turchia in Siria, infatti, rischia di trasformarsi in un bagno di sangue e aprire una nuova crisi internazionale. Non solo per l’elevato numero di morti che potrebbe causare sia dal versante curdo sia da quello di Ankara. Ma anche perché andrebbe a rompere i già fragili equilibri createsi nei vari colloqui intra-siriani e in quelli più riservati tra le grandi potenze. L’attacco – se ci sarà-, comunque, dovrà rispettare una condizione fondamentale: avere il placet della Russia. Mosca, infatti, schiera nel paese mediorientale diverse batterie di missili anti-aerei. Perciò, un’azione senza preventiva intesa o addirittura nonostante un veto è impossibile. Assenso che difficilmente arriverà, dato che la Federazione supporta – seppur marginalmente – i curdi siriani. E gli Usa lo fanno in maniera diretta. Di conseguenza, un attacco alle SDF/YPG a Efrin o Manbij sarebbe come un’aggressione agli Stati Uniti.
Inherent Resolve e SDF stanno creando un forza di controllo delle frontiere (SBS) siriane con Turchia e Iraq di 30.000 combattenti. Erdogan quindi ha poco tempo
Inoltre, la Coalizione Internazionale a guida Usa ha appena annunciato di stare lavorando con le SDF per creare una forza di controllo delle frontiere (Border Security Force, BSF) siriane con la Turchia e l’Iraq. Questa sarà comandata direttamente dai leader dei combattenti curdi e a pieno organico avrà al suo interno oltre 30.000 elementi. Di cui, peraltro, almeno la metà sono veterani della guerra contro Isis in Siria orientale. La decisione è stata condannata sia da Damasco sia da Ankara. La prima l’ha definita un oltraggio alla sovranità delle istituzioni del paese. La seconda come la conferma che gli Usa vogliono rafforzare l’YPG invece di indebolirlo e ciò è inaccettabile. Perciò, Erdogan ha una finestra di tempo limitata per lanciare la sua offensiva contro i curdi. Una volta che la BSF sarà verrà completata e schierata, per le sue truppe sarà più difficile un’eventuale invasione lampo.
L’offensiva turca in Siria contro le SDF a breve termine porterebbe vantaggi solo a Isis
In Siria chi trarrebbe benefici a breve termine dall’offensiva di Erdogan è solo Isis. Le minacce della Turchia hanno distratto le SDF di Cizire Storm dalla campagna contro Daesh a Deir ez-Zor. I jihadisti quindi hanno recuperato terreno a Gharanij e si sono sposati anche più a nord tra Hama e Idlib. Qui hanno tolto spazi a Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e sono rientrati ad Aleppo. La mancata sconfitta dello Stato Islamico e il suo ricollocamento nelle due province stanno creando problemi anche all’esercito siriano (SAA). Questo ha dovuto rivedere le sue manovre contro HTS in zona, schierando parte delle truppe per bloccare l’avanzata Isil. Peraltro, una maggiore presenza di jihadisti a Idlib e Aleppo causano guai anche ad Ankara. Il fatto che le due aree si trovino ai confine, aumenta le possibilità di infiltrazioni di miliziani nel paese. E quindi il rischio di attentati.
Gaiani a ottobre aveva previsto un riavvicinamento tra Assad ed Erdogan, nonché l’interesse comune nel contrastare i curdi
L’attacco della Turchia contro i curdi era già stato previsto lo scorso ottobre. Gianandrea Gaiani, analista militare e direttore della webmagazine Analisi Difesa, aveva spiegato a Difesa & Sicurezza che “i curdi oggi controllano un territorio, di cui solo un terzo è abitato da quell’etnia; allargandosi su zone arabe ricche di giacimenti di gas e petrolio. Assad, in passato disponibile ad accettare la loro autonomia, non permetterà che prendano un terzo del paese e tutti i pozzi. Un contesto – aveva avvertito– che rischia di portare a un riavvicinamento tra Assad ed Erdogan. Prima amici e poi acerrimi nemici per il sostegno di Ankara alla rivolta in Siria. I due avranno interesse comune a contrastare i curdi. Damasco per riprendersi le ricche regioni energetiche e ridimensionare le loro aspirazioni; Ankara per impedire che si crei una regione indipendente dominata da YPG, cugini del PKK e riferimento per i curdi in Turchia”.
L’analista e direttore di Analisi Difesa: La regione potrebbe venire attaccata da Ankara da nord e dall’esercito siriano da sud
“Da qui alla fine dell’anno, penso ci sarà un scenario nuovo – aveva aggiunto Gaiani -. In cui le truppe turche da nord e quelle di Damasco da sud occuperanno molti territori oggi controllati dalle SDF. Questa convergenza di interessi Damasco-Ankara potrebbe portare a un’azione congiunta tra i due nemici che potrebbe venire mediata da Mosca, vera potenza stabilizzatrice in quella regione del Medio Oriente. Un simile scenario – aveva concluso l’analista militare -, determinerebbe un ulteriore avvicinamento della Turchia alla Federazione Russa e un conseguente maggiore allontanamento dalla NATO e dagli Usa”.