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Sicurezza, dalla dittatura tecnologica alle proxy wars via IA

Le ipotesi sulla morte del capo del programma nucleare iraniano, Fakhrizad, confermano che computer e algoritmi influiscono sempre più nelle nostre vite. Non solo in settori-chiave come quello militare e della sicurezza, ma anche nel quotidiano. L’uomo, però, è insostituibile

L’ipotesi che la morte del capo del programma nucleare iraniano Mohsen Fakhrizad possa essere stata causa da un’arma robotica, seppur poco probabile, fa emergere un tema sempre più attuale. Quello dell’evoluzione tecnologica, in particolar modo legata all’intelligenza artificiale (IA/AI), che influenza sempre di più le nostre vite. Non solo in campo militare tattico e strategico – come abbiamo appena visto – ma anche nel quotidiano. La sicurezza in tutte le sue accezioni, di conseguenza, viene progressivamente demandata ai computer e agli algoritmi, considerati più affidabili se non infallibili. L’evento in Iran, però, dimostra il contrario: e cioè che l’essere umano è insostituibile. Con ogni probabilità, infatti, è stato un commando di persone e non un’arma programmata a uccidere il fisico. Ciò, presumibilmente in quanto si voleva avere la conferma del riconoscimento del bersaglio e la capacità di reagire ad imprevisti. Cosa che un computer non sarebbe stato in grado di fare”.

Perché L’IA non potrà mai sostituire il cervello umano

Sui media nazionali ed internazionali non si fa altro che inneggiare alla intuizione (conoscenza diretta e immediata di una verità, che si manifesta senza bisogno di ricorrere al ragionamento), alla creatività (capacità di creare con l’intelletto e con la fantasia, caratterizzata da sensibilità ai problemi, originalità di idee e sintesi di esperienze e conoscenze) ed alla inventiva (attitudine ad inventare, sviluppare ed intrecciare fatti e situazioni in opere d’arte) della Intelligenza Artificiale. Questa viene osannata come prodotto superiore al cervello umano, ma nessuno osa chiarirci che un computer non ha né mai potrà avere le proprietà della mente umana poiché il loro successo è dovuto esclusivamente agli algoritmi in esso inseriti e predeterminati dall’uomo per il conseguimento dei suoi scopi.

La tecnologia è sempre più protagonista della nostra vita quotidiana, dallo smart working ai sistemi di accesso alla Pubblica Amministrazione

Stiamo assistendo a una sempre più frequente introduzione – nella nostra vita quotidiana – di sistemi, programmi e procedure elettronici tramite i quali dobbiamo inevitabilmente rapportarci.  Abbiamo iniziato con lo smart working (lavoro da casa tramite computer) per contrastare la paralisi economica causata dal COVID 19. Al riguardo, abbiamo anche realizzato ed esortato ad impiegare la App Immuni per contenere il contagio del virus SARS-CoV-2, ma con scarso successo. Da lì siamo andati ben oltre: ora non è più possibile accedere a vari sistemi della Pubblica Amministrazione qualora non in possesso di uno SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) e di una CIE (Carta di Identità Elettronica). Ed ancora è richiesto l’impiego di una PEC (Posta Elettronica Certificata) per indirizzare reclami ed istanze alla Pubblica Amministrazione o per corrispondenza privata destinata a fini legali.

L’informatica protegge le nostre infrastrutture critiche ed è alla base degli smartphone, ormai diventati vere e proprie appendici del nostro corpo

Abbiamo inoltre introdotto il bancomat – sistema elettronico di cassa continua per il prelievo di denaro, depositato in banche o presso le poste – che ha una limitata erogazione giornaliera e non sempre funziona, peraltro impedendoci di prelevare quanto necessario. Ci sono, infine, sistemi informatici per la gestione di infrastrutture critiche – sanità, comunicazioni, trasporti, amministrazioni comunali, ecc. – i quali condizionano la nostra vita sociale. Esposti anch’essi a disfunzioni, che talvolta subiscono attacchi hacker o con malware che ne impediscono il corretto funzionamento. Infine c’è lo smartphone, il “telefonino”. E’ diventato vera e propria appendice fisiologica, con la quale si può fare di tutto e di più. Infatti, qualora danneggi o venga perduto, è come se si verificasse l’amputazione di una parte importante del corpo umano con analogo dolore e sofferenze. In tali casi il telefonino viene immediatamente sostituito, magari con un prodotto di ultima generazione.

Internet e i Social Network, veicoli universali per la diffusione delle informazioni, nel tempo sono diventati strumenti per modificare le nostre democrazie

A ciò si aggiunge il moltiplicatore di forza di Internet e i social network, che stanno condizionando in maniera perversa le nostre scelte e decisioni. Il web, nato per scambiare conoscenze all’interno di una comunità accademica, si è trasformato in un veicolo universale per la diffusione dell’informazione. Tuttavia, è diventato anche strumento di contagio delle emozioni di qualsiasi genere, nel bene e nel male, nonché un elemento destrutturante di ogni discorso, cioè di contestazione di qualsiasi forma di autorità. Internet e i social, infatti, consentono di modificare la vita di una democrazia e di una società. Anche secondo le affermazioni di “Quisque de populo”, che assumono lo stesso valore di altre provenienti da fonti “dotte”. Questi spazi virtuali che non sono regolamentati secondo norme giuridiche capaci di tutelare i diritti e l’ordine pubblico, soprassiedono alle nostre scelte e, contestualmente, trasformano la nostra vita, sconvolgendo – antropologicamente – le democrazie e le connesse società, con l’imposizione di scelte altrui.

Siamo arrivati al Nuovo Medio Evo, caratterizzato da una dittatura tecnologica

In conclusione, la panoramica descritta delinea la subordinazione quotidiana ad una “dittatura tecnologica” alla quale siamo vincolati con determinati comportamenti per ottenere servizi, erogati on line, ma talvolta non sempre acquisibili. Le tecnologie informatiche in uso, inoltre, non sono affrancate da aggiornamenti ed innovazioni: se non ci affrettiamo ad apprendere il loro nuovo modo di funzionare, veniamo esclusi da determinate prestazioni indispensabili.

Che cosa sta determinando l’abitudinario uso degli strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico

L’abitudinario uso degli strumenti messi a disposizione dal progresso tecnologico ha accresciuto e diffuso l’egoismo, la malvagità, l’indifferenza, lo sfrenato desiderio di potere e di denaro, i mezzi fraudolenti (phishing, ecc.) e le menzogne (fake news). La manipolazione delle coscienze (propaganda e influenza) e delle scelte di vita (role model insignificanti e privi di valori) proposte dai mezzi di comunicazione erodono lo spazio all’etica ed a quei valori e principi che rappresentano l’evoluzione naturale millenaria della nostra specie culturale. Valori e principi che sono la guida dei comportamenti, dei modi di pensare e di relazionarsi con gli altri, che permettono di affrontare con equilibrio i progressi dissacranti della tecnologia, le aggressioni umilianti di attività economiche predatrici e la perdita di identità culturale che la globalizzazione generalizzata intende imporre.

Siamo pertanto giunti al “Nuovo Medio Evo

Siamo pertanto giunti al “Nuovo Medio Evo. Epoca in cui i detentori di formidabili capitali hanno al proprio servizio tecnici e programmatori che – tramite sofisticati prodotti tecnologici nonché lo sviluppo di specifici algoritmi, finalizzati al conseguimento degli obiettivi imposti dai magnati – governano l’intera popolazione di un Paese. Può sembrare un’affermazione eccessivamente categorica, ma se facciamo un breve excursus storico constateremo che l’asserzione è quanto meno aderente alla realtà.

L’informatica moderna nasce con Colossus di Alan Touring, nato per “bucare” la macchina Enigma usata dai sommergibili della Kriegsmarine tedesca. Poi, nacquero ENIAC, EDVAC e UNIVCAC I

L’alba dell’informatica moderna sorge durante la Seconda Guerra Mondiale allorquando fu necessario decrittare i messaggi cifrati che, in particolare, la macchina Enigma dell’allora Kriegsmarine tedesca inviava in codice ai suoi sommergibili. Si trattava del noto “Colossus” – uno strumento elettrico gestito da Alan Turing e dal suo team di matematici – tramite il quale venne “bucato” il cifrario segreto dei Tedeschi. Nel 1943, guerra durante, anche l’Esercito degli Stati Uniti si dedicò alla realizzazione di una macchina computazionale che doveva essere capace di risolvere i problemi di calcolo balistico per il lancio dei proiettili d’artiglieria. Tra il 1944 ed il 1951 vennero realizzati enormi calcolatori a valvole a fini bellici quali l’”ENIAC” e l’EDVAC. Nel 1951, sempre negli USA, fu realizzato l’”UNIVAC I”, il primo calcolatore elettronico disponibile commercialmente che poteva trattare sia informazioni numeriche che alfanumeriche.

In tutti gli anni ’60 l’informatica, associata all’elettronica, ha prodotto una strumentazione idonea a migliorare l’efficienza e la produttività di processi operativi, soprattutto nel settore amministrativo

Da allora in poi e per tutti gli anni ’60 l’informatica – associata all’elettronica – ha prodotto una strumentazione idonea a migliorare l’efficienza e la produttività di processi operativi, soprattutto nel settore amministrativo, automatizzando quelle attività che richiedevano l’elaborazione sistematica e ripetitiva di grandi quantità di dati (fatture, paghe, contabilità, magazzini, ecc.). L’insieme di queste applicazioni fu denominato “Sistema di Elaborazione Dati” (EDP Sistem). Negli anni ’70 il progresso tecnologico sviluppò nuovi strumenti informatici che hanno favorito la gestione integrata dei dati – non più trattati settorialmente, ma globalmente – impiegabili anche per la gestione manageriale ed il controllo direzionale delle aziende.

Dal 1980 in poi, con l’avvento dei mini calcolatori e dei pc si è sviluppata la globalizzazione

Dal 1980 in poi, con l’avvento dei mini calcolatori e dei personal computer, si è sviluppata una nuova generazione di soluzioni software che hanno consentito la trasformazione delle imprese, la globalizzazione e la trasformazione dell’economia da reale in finanziaria. La “computazione” è stata associata negli anni ’80 alla conquista dei mercati, successivamente allo sviluppo del marketing per soddisfare le richieste dei clienti. E fin qui possiamo dire che l’informatica è stata impiegata a sostegno delle esigenze computazionali dell’uomo. Ma dal 2000 in poi, superati i timori del “millennium bug”, l’evoluzione dell’informatica ha seguito lo sviluppo opposto.

Grazie alla computabilità sono stati elaborati una serie di algoritmi. Inizialmente per controllare le preferenze dei clienti. Poi, per condizionarne le scelte, anche in campo politico ed economico

Il concetto di computabilità traduce rigorosamente, tramite la nozione di funzione (corrispondenza o associazione che collega gli elementi di due insiemi) e la nozione di algoritmo (una sequenza ordinata e finita di passi – operazioni o istruzioni – elementari che conduce a un ben determinato risultato in un tempo finito), la possibilità di svolgere un certo tipo di lavoro ovvero di risolvere un certo tipo di problema applicando un procedimento automatico prestabilito. Partendo da questo assioma sono stati elaborati in successione temporale una serie di algoritmi – inizialmente – per controllare le preferenze dei clienti, poi per condizionarne le scelte ed infine per monitorare, attraverso i social, il loro comportamento ed influenzarne le scelte in campo politico ed economico.

La statistica, base dei nuovi algoritmi, secondo Trilussa

Per la realizzazione di questi nuovi software, destinati a gestire attività direzionali e decisionali non predefinite e poco strutturate, gli algoritmi sono stati tuttavia alimentati sempre con dati statistici che molto spesso non sono affatto speculari della realtà. Trilussa diceva: “Sai ched’è la statistica? È na’ cosa che serve pe fà un conto in generale de la gente che nasce, che sta male, che more, che va in carcere e che spósa. Ma pè me la statistica curiosa è dove c’entra la percentuale, pè via che, lì, la media è sempre eguale puro co’ la persona bisognosa. Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perché c’è un antro che ne magna due. Er compagno scompagno: Io che conosco bene l’idee tue so’ certo che quer pollo che te magni, se vengo giù, sarà diviso in due: mezzo a te, mezzo a me… Semo compagni. No, no – rispose er Gatto senza core – io non divido gnente co’ nessuno: fo er socialista quanno sto a diggiuno, ma quanno magno so’ conservatore”.

I limiti dell’ICT

Purtroppo continuiamo a non capire che la tecnologia informatica, ancorché coniugata con l’Intelligenza Artificiale, si basa sempre e soltanto sull’analisi quantitativa e qualitativa dei “big data” – siano essi strutturati o meno – che esclude l’interazione e la mediazione con la mente e l’animo umano unica sede in cui albergano intuizione, creatività e inventiva. Ad esempio, nello smart working, soprattutto quello introdotto nella didattica, manca quell’interazione con il datore di lavoro, il collega più esperto, o il docente con il quale interloquire per risolvere dubbi, capire meglio le procedure lavorative o le esposizioni didattiche. Il lavoratore è posto ad interagire tramite una macchina come una monade (entità unitaria semplice ed indivisibile), alla stregua dell’operaio a suo tempo asservito alla catena di montaggio. Inoltre le disfunzioni tecniche (malfunzionamento degli apparati e dei collegamenti) ed umane (distrazioni, assenteismi, indolenze, inosservanze, ecc.) che intervengono in tali processi lavorativi non sono rimediabili con un approccio immediato ai responsabili.

Negli anni 80 nascono in ambito militare i Decision Support Systems (DSS), che coadiuvano le Forze Armate nell’ammodernare sistemi d’arma per contrastare quelli di possibili/probabili avversari. Oggi l’IA è protagonista

Mentre tutto ciò è avvenuto nel campo civile, nel settore militare fin dagli anni ’80 sono stati realizzati anche “sistemi per il supporto alle decisioni” – denominati nella letteratura anglosassone DSS (Decision Support System) – destinati al supporto delle attività strategiche. Si tratta di sistemi che coadiuvano le Forze Armate nell’ammodernare sistemi d’arma per contrastare quelli di possibili/probabili avversari. I software sviluppati nel campo militare – oltre a supportare le decisioni strategiche – sono stati sviluppati sia per automatizzare armi tradizionali, sia per realizzare armi robotiche, sia strumenti a pilotaggio remoto capaci di meglio salvaguardare la vita ai propri soldati in battaglia. Oggi le strategie delle grandi e medie potenze mondiali sono incentrate sullo sviluppo della IA e delle “autonomous weapons” (armi autonome) – fra cui i droni – in grado di identificare ed eliminare bersagli nemici senza ricorrere a controllori umani.

L’uso dell’Intelligenza Artificiale nei sistemi d’arma automatici e accomuna gli Stati Uniti, la Russia e la Cina

Ovviamente gli Stati Uniti sono i primi ma non sono i soli in tale percorso: anche le Forze Armate russe dopo il conflitto in Georgia (2008) hanno iniziato lo sviluppo dei sistemi d’arma automatici o assistiti dalla IA e di equipaggiamenti militari. Mosca ha impiegato in Siria più di 70 droni tattici, di diversi modelli e ne ha testati altri per esplorare nuove procedure. Il nuovo concetto strategico russo prevede l’impiego dell’Intelligenza Artificiale – con sviluppo di algoritmi per il controllo dei droni – ritenuta una necessità fondamentale. La Cina non è da meno. Non solo è leader mondiale per la produzione di droni ad uso commerciale e civile – tramite la SZ DJI Technology Co. Ltd, nota commercialmente come DJI, acronimo di Dà-Jiāng Innovations, una società tecnologica cinese con sede a Shenzhen, nel Guangdong e stabilimenti in tutto il mondo – ma sta sviluppando anche quelli per l’impiego militare.

Pechino sta sviluppando una nuova arma costituita da sciami di droni

Pechino ha in corso di sviluppo una nuova arma costituita da sciami di droni che – lanciati a decine da velivoli o da elicotteri o da terra – sono capaci di muoversi in formazione tramite l’Intelligenza Artificiale, per poi colpire obiettivi indipendenti. La loro realizzazione sarebbe opera della China Electronics technology group corporation, uno dei colossi pubblici che lavorano su tecnologie applicate in ambito militare.

Anche la Turchia ha cominciato recentemente ad adottarli, peraltro in Libia associati ai droni. Si è arrivati così alla proxy war via IA

Una media potenza interessata all’impiego di armi tecnologiche in conflitti asimmetrici è la Turchia che – dopo l’intervento in Libia nel gennaio 2020 – ha incrementato il supporto militare alle Forze Armate del governo di Tripoli di Al- Serraj (GNA) dotandole di droni armati di fabbricazione turca assistiti dalla IA. La Libia è diventata l’emblema della “guerra per procura” o “proxy war”, termine con il quale viene indicata una guerra istigata da una superpotenza ma che non implica la sua partecipazione diretta. In questa tipologia di conflitti i droni e l’Intelligenza Artificiale sono gli strumenti bellici principali e privilegiati.

Arriva l’Artificial Intelligence Economy (AIE)

Ma l’Intelligenza Artificiale non sta “colonizzando” solo la società civile e militare, anzi. Si sta diffondendo soprattutto anche in quella economica, tant’è che si parla di “Artificial Intelligence Economy” (AIE). Innovazione tecnologica che si propone di cambiare i paradigmi di riferimento dell’attuale sistema economico. Il cambio di paradigma non consiste soltanto in uno spostamento di valore tra gli attori all’interno del sistema ma in una diversa declinazione del sistema stesso per soddisfare bisogni ed esigenze finora impossibili da appagare. L’AIE utilizzando i “big data” sviluppa sugli stessi innumerevoli analisi che sono impossibili per l’uomo e sulla base dei risultati ottenuti delle stesse assume autonome decisioni. Inoltre, sulla base delle conseguenze scaturite dalle sue decisioni – tramite il cosiddetto auto apprendimento – elabora ed assume – sempre in autonomia – nuove soluzioni capaci di integrare o sostituire quelle precedentemente elaborate. Lo scopo finale è quello di soddisfare non le singole esigenze ma quelle di un’intera società o nazione. Grazie alla possibilità di “decidere e sbagliare”, la IAE esamina territori inesplorati, nell’economia, nel business, nell’industria, nell’agricolture, nella governance, ecc. per elaborare e suggerire quali soluzioni o mix di soluzioni siano le più efficaci per ridurre carenze, sprechi, rischi e shock.

La rincorsa tecnologica è costellata di rischi

I fattori di rischio di questa forsennata rincorsa tecnologica sono molteplici. Purtroppo abbiamo già assistito all’impiego indiscriminato di “autonomous weapons”, ancorché assistite dal fattore umano, nei conflitti a bassa intensità nei quali hanno causato vittime innocenti. Per questo riteniamo che l’Intelligenza Artificiale (IA), ancorché all’apice del suo sviluppo, non potrà mai raggiungere il livello di funzionamento neuronale del cervello umano. Solo qui si concentrano e interagiscono i cinque sensi attraverso i quali si formano educazione familiare, ideologia del gruppo, apprendimento scolastico, socializzazione, esperienza quotidiana, successi e insuccessi, aspirazioni, rivalse, sentimenti, consapevolezza delle azioni e delle reazioni, ecc. Tutti fattori che interagiscono nel pensiero e nel comportamento umano e che la scienza cognitiva comportamentale e la neurobiologia non sono riuscite ancora ad approfondire e a decrittare.

I limiti dell’IA

La tecnologia, inoltre, non potrà mai eguagliare la cultura dei perché e delle motivazioni logiche, delle opinioni razionali e critiche, che favorisce la nascita di alcune idee ed impedisce l’elaborazione di altre. Che definisce ciò che si può fare e proibisce ciò che non si deve, che accetta il dialogo e rifugge dalle contrapposizioni, che è svincolata dall’irrazionale, dal mostruoso, dal deforme e ancorata alle categorie di: Armonia, Proporzione, Limite e Misura. L’IA consente di semplificare operazioni molto complesse che oggi sono effettuate da software sofisticati (automazione dei processi e dei servizi, customer experience, retail, tlc, manifattura 4.0), ma questa potenzialità richiede enormi risorse finanziarie – depositate nelle mani di pochi – e rimane incentrata su algoritmi predeterminati dagli scopi e dagli obiettivi del committente.

La sperimentazione tecnologica oggi, al contrario del passato, avviene nel settore civile che poi la riversa a quello militare

Da quanto esposto si può constatare un’inversione di tendenza rispetto al passato, quando le sperimentazioni tecnologiche avvenivano nel settore militare e poi si riversavano – per la parte non segreta né strategica – nel settore civile. Oggi, grazie anche allo slogan del “partenariato pubblico – privato” è ormai in atto un’osmosi inversa ove le innovazioni tecnologiche prodotte da colossi industriali civili – magari anche con finanziamenti del settore pubblico – si riversano nel settore militare, come è avvenuto in Cina con la China Electronics e negli USA con il lancio nello spazio di Crew Dragon, navicella spaziale della SpaceX di Elon Musk.  È indubbio che sia l’IA sia le armi robottizzate o “autonomous weapons” sono all’attenzione di tutte le grandi e medie potenze in quanto ritenute gli strumenti più idonei di cui i governanti si avvalgono per sviluppare una competizione vincente a tutto campo, nel “villaggio globale”.

A fronte della rapida evoluzione tecnologica c’è un ritardo dello sviluppo culturale che ci possa aiutare ad individuare e a contrastare le sue incidenze negative

Ma a fronte della rapida evoluzione tecnologica registriamo – purtroppo – un ritardo dello sviluppo culturale che ci possa aiutare ad individuare e a valutare le sue incidenze negative. I quadri direttivi del Sistema Paese (istituzioni, imprenditori, insegnanti, mondo accademico, opinion leader, ecc.) che dovrebbero guidare e regolamentare le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale hanno mostrato e mostrano incolmabili carenze. Costoro dovrebbero impedire l’esclusivo l’impiego nell’IA di algoritmi destinati ad incrementare unicamente gli utili finanziari, sostenendo parimenti l’introduzione di algoritmi etici che siano in grado di pilotare le scelte autonome della IAE anche in favore della sopravvivenza e della vita dignitosa dell’essere umano. Diversamente assisteremo ad una totale dittatura tecnologica dell’oligarchia finanziaria con la sopraffazione del “Homo Hominis Lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo) sul resto dell’umanità.

Gli Indomabili

Gli Autori

Luciano Piacentini – Brevettato incursore, è stato Comandante di Unità Incursori nel grado di Tenente e Capitano. Assegnato allo Stato Maggiore dell’Esercito, ha in seguito comandato il Nono Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” e successivamente ricoperto l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Brigata Paracadutisti “Folgore”. Ha prestato la sua opera negli Organismi di Informazione e Sicurezza con incarichi in diverse aree del continente asiatico. E’ laureato in Scienze Strategiche e Scienze Politiche.

Claudio Masci – Ufficiale dei Carabinieri proveniente dall’Accademia Militare di Modena, dopo aver assunto il comando di una compagnia territoriale impegnata prevalentemente nel contrasto al crimine organizzato, è transitato negli organismi di informazione e sicurezza nazionali. Laureato in scienze politiche. Tra i suoi contributi L’intelligence tra conflitti e mediazione, Caucci Editore, Bari 2010 e The future of intelligence, 15 aprile 20122, Longitude, rivista mensile del MAECI.

Pino Bianchi – Architetto, esperto in risk management, organizzazione, reingegnerizzazione dei processi e sistemi di gestione aziendali. Per oltre venti anni ha diretto attività di business, marketing, comunicazione e organizzazione in imprese multinazionali americane ed europee. Consulente di direzione in ICT, marketing, comunicazione, business planning e project financing.

ANTIOCO – Ha maturato varie esperienze lavorative in Italia e all’estero occupandosi di consulenza direzionale, sviluppo di mercati, cooperazione internazionale e gestione commerciale per rilevanti realtà industriali. Da sempre attento ai temi della security, ha ricoperto in realtà strategiche nazionali vari ruoli di responsabilità occupandosi di business continuity, security strategic planning, security communication, ricerca e analisi informativa e corporate intelligence.

Francesco Bussoletti

Claudio Masci e Luciano Piacentini sono gli autori di: “The future of intelligence”, articolo del 15 aprile 2012, pubblicato su Longitude, rivista mensile del MAECI, nonché dei libri: “L’intelligence tra conflitti e mediazione”, Caucci Editore, Bari 2010 (esaurito) e di “Humint… questa sconosciuta (Funzione intelligence evergreen)”, acquistabile da Amazon.

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