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Iraq, la vittoria elettorale di al-Sadr e al-Maliki mette a rischio la sicurezza

La vittoria elettorale di al-Sadr e al-Maliki mette a rischio la sicurezza in Iraq e in tutta la regione. Intanto, l’Iran si presenta subito a Baghdad per organizzare il futuro

La vittoria del partito dell’imam Moqtada al Sadr alle elezioni in Iraq è un dato preoccupante per la comunità internazionale. Significa, innanzitutto, che gli sciiti aumenteranno i loro seggi in Parlamento. Inoltre, l’ex premier Nouri al-Maliki è quello che ha ottenuto più voti tra gli sciiti. Al-Sadr non ha la maggioranza assoluta per poter esprimere un esecutivo. Di conseguenza, dovrà necessariamente scendere a compromessi e formare una coalizione per poter governare. Comunque, non si potrà non tenere conto del risultato ottenuto, soprattutto su ciò che questo rappresenta sia per la sicurezza interna sia per quella regionale, a seguito dei legami tra l’imam e l’Iran. Non a caso, come riporta Basnews, il comandante della Forza Quds, Ismail Qaani, è già arrivato a Baghdad per incontrarlo e discutere con lui i piani per la formazione del nuovo governo, il cui premier grazie alla vittoria del Movimento Sadrista sarà sciita.

I pericoli per la sicurezza dati dalla vittoria di al-Sadr

La vittoria elettorale di al-Sadr rappresenta rischi per la sicurezza su due livelli: quello interno, con il pericolo che in Iraq scoppi un nuovo conflitto settario tra sciiti e sunniti, che coinvolga anche i curdi, e quello esterno. I rischi sono che l’imam dia troppa libertà di azione ai gruppi filo-Iran nella nazione e che quindi ci siano nuove ondate di attacchi contro le forze multinazionali, in primis quella statunitense. Lo stesso al-Maliki nutre dei sentimenti di vendetta verso gli USA, “colpevoli” di aver contribuito alla sua destituzione da primo ministro, per sostituirlo con Haider al-Abadi il 24 luglio del 2014. L’ex premier cercò in ogni modo di rimanere nell’incarico, ma il 14 agosto dello stesso anno dovette arrendersi a seguito delle pressioni internazionali. Inoltre, era molto vicino a Qasem Soleimani, l’ex comandante della Forza Quds, ucciso il 3 gennaio 2020 da un drone USA vicino all’aeroporto di Baghdad.

I rischi del ritorno di al-Maliki premier: da un nuovo conflitto settario all’espansione dell’influenza dell’Iran, passando per gli effetti per curdi e sunniti anche nella guerra contro l’ex ISIS

Al-Maliki, quindi, oggi vuole la sua rivincita e la vendetta. Perciò, se dovesse essere nuovamente nominato premier, c’è il rischio che torni ad accusare gli Stati Uniti (come fece nel 2014) di usare lo Stato Islamico come pretesto per rimanere in Iraq e a vessare curdi e sunniti. Ciò si tradurrebbe innanzitutto in probabili contrasti con l’operazione Inherent Resolve e nella penalizzazione della guerra contro l’ex ISIS, soprattutto nelle regioni al confine con il Kurdistan. Inoltre, verrebbe alimentato il conflitto settario, che fu proprio lui ad accendere, determinando con le sue azioni un’impennata del nazionalismo curdo e dell’insurgency di matrice sunnita. Infine, crescerebbe esponenzialmente l’influenza dell’Iran nel paese mediorientale, con tutto ciò che comporta e con gli effetti che avrebbe in tutta la regione, in primis verso Arabia Saudita, Siria e Israele.

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