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Iraq, Isis a Mosul cerca di “comprare” combattenti con la zakat

Daesh, nel disperato tentativo di reperire nuove forze in Iraq, offre tra i 100 e i 150 dinari alle famiglie. A patto che un membro si arruoli nel Califfato.
In Iraq tentativo in extremis di Isis per arruolare combattenti a Mosul. Daesh, dopo il fallimento dei tentativi di coscrizione obbligatoria dei residenti, tenta la carta del denaro. Come riporta IraqiNews, lo Stato Islamico sta distribuendo i proventi della zakat, il contributo che ogni musulmano versa per il bene dell’Islam, alle famiglie povere dell’area est della città. A patto, però, che almeno uno dei membri si arruoli nel Califfato. Il contributo varia tra i 100 e i 150 dinari e viene distribuito presso le moschee in occasione degli “Zakat Festivals”, a cui partecipano i meno abbienti. Questa pratica, però, si sta rivelando inefficace come le altre adottate finora. Dopo che è circolata la notizia sul fatto che alcune famiglie sono state obbligate ad accettare lo scambio, in molti hanno deciso di non recarsi più alle moschee per ricevere la zakat. Di conseguenza, dopo una prima impennata, i reclutamenti sono crollati.
Il tentativo di “comprare” i jihadisti è fallito. Le famiglie preferiscono rischiare punizioni ma non cedono
Per sopravvivere al regime disastroso instaurato da Isis, gli abitanti di Mosul si affidano alla solidarietà reciproca o portano avanti piccoli traffici. Come quello delle sigarette. Fumarle è vietato dal Daesh, pena la fustigazione. Il commercio, invece, è punito con la detenzione o in alcuni casi anche la morte. I civili, infatti, preferiscono rischiare ritorsioni piuttosto che mandare padri, figli e fratelli a morte certa. Questo sentimento è indicativo della situazione nella città e delle condizioni disperate in cui versa lo Stato Islamico. Questo ormai è solo e isolato e non ha più fonti di finanziamento per organizzarsi o anche solo per pagare i salari ai combattenti. Non funziona più nemmeno la carta delle minacce o delle rappresaglie.
A Mosul crolla la propaganda Isis
Inoltre, per Isis va molto male anche sul versante della propaganda. Prima c’è stata la perdita del centro media e comunicazioni (in cui i militari hanno trovato un “tesoro”). Poi il recente arresto nell’area sud di Mosul del responsabile della narrative locale, Saleh Najem. A seguito di ciò, nella città del nord Iraq le attività propagandistiche si sono praticamente azzerate. Al Daesh è rimasto solo il passaparola e qualche altoparlante. La conferma viene anche dal tentativo “sul campo” di comprare guerriglieri. Tecnica che con al-Qaeda aveva funzionato. Un attentatore suicida, uno shahid, “costava” circa 200 dollari, da pagare ai familiari. Oggi, invece, la situazione è cambiata e si preferisce patire la fame piuttosto che morire per Abu Bakr al-Baghdadi.
Male anche per il traffico di reperti rubati. FBI apre caso e compratori si spaventano
Alla mancanza di combattenti a Mosul, Isis dovrà preso aggiungere anche una diminuzione rilevante del commercio di reperti archeologici rubati. L’FBI, come riporta Reuters, ha infatti aperto il primo procedimento legato al recupero di 4 reperti, sottratti illegalmente in Siria dal Daesh e venduti al mercato nero. Si tratta di un anello d’oro con una gemma incastonata, due monete e una stele assira. L’apertura del caso, la prima del suo genere, è un chiaro messaggio a tutto il mondo che ruota attorno a questo settore: dai collezionisti ai commercianti, alle case d’aste. A tutti si chiede di essere vigili e di riportare qualsiasi informazione legata ai 4 pezzi. Questo particolare interesse ha messo molti in allarme e ha fatto diminuire drasticamente le richieste di reperti provenienti da “mercati alternativi”. A seguito di ciò, per lo Stato Islamico sarà molto più difficile trovare acquirenti per i pezzi rubati in Iraq e Siria. Secondo le stime, si parla di circa 5.000 siti archeologici saccheggiati nei due paesi. Mosul e Palmyra in primis.