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Iraq, il Parlamento riaprirà dopo la fine del pellegrinaggio dell’Arbaeen

Il Parlamento riaprirà dopo la fine del pellegrinaggio dell’Arbaeen, nonostante le richieste degli sciiti di al-Sadr di congelare i lavori

Il Parlamento iracheno riprenderà le sue sessioni ordinarie la prossima settimana, dopo la fine del pellegrinaggio dell’Arbaeen. Lo ha annunciato il vice speaker, Shakhawan Abdullah, aggiungendo però che nell’agenda al momento non è prevista la discussione sull’elezione del nuovo presidente. I lavori si erano fermati alla fine di luglio dopo che i sostenitori dell’imam Moqtada al-Sadr avevano fatto irruzione nell’edificio per protestare contro lo stallo nel formare un governo, imputato alle manovre dell’ala sciita pro-Iran, capeggiata dall’ex premier Nouri al-Maliki. Successivamente, lo stesso imam aveva ritirato i suoi rappresentanti dal Parlamento e annunciato l’abbandono dalla vita politica attiva nel paese mediorientale. La decisione aveva scatenato proteste violente nelle strade di Baghdad e a Bassora, feudo di al-Sadr, ma poi non si era risolto nulla. La situazione, infatti, era rimasta in stallo su tutti i fronti.

Le tensioni sono alle stelle. Tutto dipenderà dall’agenda dei lavori. I membri del Movimento Sadrista pronti a tornare in strada contro l’ala pro-Iran di al-Maliki

La decisione di riaprire il Parlamento rischia di scatenare una vera e propria guerra civile in Iraq. I supporters di al-Sadr continuano a chiedere di bloccarne i lavori fino a che non verrà stabilito che il prossimo governo sia inclusivo e comprenda tutte le componenti del paese mediorientale. Gli sciiti pro-Iran, però, hanno respinto ogni tentativo in questo senso e spingono per un esecutivo nominato sulla base del consenso. Di conseguenza, la tensione rimane alle stelle e ci sono concreti rischi che singoli incidenti possano nuovamente alimentare la violenza. Soprattutto se il Parlamento dovesse nominare un capo dello stato o un governo, considerato troppo vicino al Coordination Framework di al-Maliki. Finora, comunque, diverse fonti locali garantiscono che non c’è nulla di deciso.

Photo Credits: Iraqi Parliament

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