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Iraq, gli stessi capi Isis ammettono la sconfitta a Mosul

Un predicatore Daesh ricorda che la battaglia di Mosul non è la fine del Califfato. Ce ne sono altre a Raqqa, in Libia e nel Sinai.
In Iraq Isis ha perso la sua battaglia. A confermarlo sono gli stessi predicatori del Daesh da Mosul. Alsumaria News riporta che uno dei mullah lo scorso venerdì ha pronunciato parole precise a riguardo, in occasione della tradizionale Jumaa. Per il predicatore la battaglia di Mosul non è la fine del Califfato. Ce ne sono altre, soprattutto a Raqqa. Inoltre, ha ricordato che ci sono altri emirati affiliati che attraggono decine di migranti. In particolare la Libia e l’Egitto, nell’area del Sinai. A ulteriore conferma, il predicatore ha minacciato di attaccare i paesi europei durante le celebrazioni del Natale. Finora, invece, tutti i sermoni del venerdì erano stati dedicati a esaltare le lodi dei combattenti dello Stato Islamico e a sminuire i successi ottenuti contro il Califfato dal nemico.
Nel sermone si indicano i nuovi scenari, reali o sperati
Questo cambio di passo in Iraq, secondo gli analisti, è un segnale importante. Da una parte gli stessi leader Isis ammettono la sconfitta con i loro seguaci. Dall’altra identificano nuovi obiettivi dove cercare di esportare il Califfato. Raqqa, peraltro, dopo la caduta di Mosul rimarrà come ultima roccaforte del Daesh nella regione. Una volta persa, lo Stato Islamico non avrà più un suo territorio dove far rinascere il Califfato. Da qui le parole della Jumaa in cui si invita i miliziani a recarsi in Siria per difendere la wilayat (provincia) del Califfato.
Libia ed Egitto le uniche occasioni di sopravvivenza per Isis
Per quanto riguarda la Libia, invece, si tratta più che altro di parole di conforto ai jihadisti. Tra i fondamentalisti in Iraq e Siria circolavano storie sul successo nella conquista di Sirte. In pochi, almeno finora, sanno che è caduta e che Isis è in rotta verso sud. Le novità non sono state comunicate per evitare ulteriori contraccolpi al già provato morale dei fondamentalisti. L’obiettivo in Libia oggi è cercare una “zona franca” dove rifugiarsi e riorganizzare le forze. I miliziani Daesh, però, sono braccati dalla Terza Forza, di Sabha, messa nelle ultime ore in stato di massima allerta.
Nel Sinai la situazione è fluida e variegata
Discorso diverso potrebbe valere, invece, per l’Egitto. In particolare nel Sinai, nonostante i periodici attacchi dei militari del Cairo, la situazione rimane molto fluida. Il panorama locale, inoltre, è variegato. Vi operano da tribù locali in rotta col governo a gruppi di criminali e predoni. In questo scenario, Isis – che già ha una presenza limitata, soprattutto nelle aree urbane – potrebbe crescere. A patto, però, di stringere alleanze con i capi locali. A quel punto, i superstiti della fallimentare campagna in Iraq e Siria potrebbero convogliare nella zona o in Libia. Il Daesh, così da mediorientale diverrebbe prevalentemente nord-africano.
Le minacce all’Europa per il Natale non sono una novità
Sulle minacce all’Europa, infine, non è cosa nuova. Tanto che io governi dell’UE sono già corsi ai ripari da tempo, adottando contromisure ad hoc. Sia in generale sia nei periodi particolari come quelli delle feste, natale in primis. Ciò che è certo, infatti, è che le sconfitte in Iraq, Siria e Libia faranno mutare la natura di Isis. Il Daesh da esercito si trasformerà sempre più in guerriglia di tipo terroristico e avrà un obiettivo ben preciso: vendicarsi. Allo scopo potrà contare su diversi foreign fighters, che hanno combattuto per lo Stato Islamico e sono tornati poi nei paesi d’origine.