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Afghanistan, i talebani spiegano chi è il capo: Hibatullah Akhunzada

Comunicato dell’Emirato Islamico per “presentare” con 7 mesi di ritardo chi è il loro leader. Mossa per arginare lo sconforto che regna nel movimento.
I talebani in Afghanistan pubblicano a sorpresa la biografia del loro capo: Sheikh Moulavi Hibatullah Akhunzada, alias ‘Sheikh Sahib’. I jihadisti hanno reso noto un documento in cui spiegano chi è il leader dell’Emirato Islamico, nonostante sia stato nominato il 21 maggio del 2016. Nel comunicato i jihadisti sottolineano che “nonostante alcuni membri del consiglio dei capi godessero di diffusa influenza militare, politica e di popolarità, nessuno di loro si è opposto” alla sua nomina. Inoltre, che questa “è stata accettata e approvata all’unanimità”. Si scrive anche che l’elezione “è stato uno degli elementi chiave per preservare l’unità dell’Emirato Islamico, favorendo così la causa in corso della Jihad in Afghanistan”. A ciò si aggiunge che lo “’Sceicco Sahib’ è profondamente rispettato e amato da tutti i membri della Emirato”, a qualunque livello.
Il comunicato reso noto in un momento tempestivo, mentre regna lo sconforto tra i talebani
Il comunicato giunge tempestivo, nel momento in cui diversi gruppi di talebani in Afghanistan stanno trattando con Kabul e gli Stati Uniti il possibile abbandono della lotta armata e l’adesione al processo di riconciliazione nazionale. Sono, infatti, sempre di meno gli irriducibili che vogliono proseguire la jihad. Ciò anche grazie alla prima offensiva d’inverno, che sta decimando i ranghi dei jihadisti, bloccati a seguito delle condizioni climatiche e ormai abbandonati anche dai finanziatori esterni. Escluso il network Haqqani, che esprime uno dei due vice dello “Sceicco”. Lo scritto, con buona probabilità, è a uso interno: punta a tranquillizzare gli animi dei guerriglieri, ricordando loro che c’è un capo e per di più “illuminato”. In molti sono spaesati e hanno scelto vie diverse, abbandonando i gruppi di origine. Alcuni entrando nelle fila di Isis e altri formando piccoli nuclei che si dedicano alla criminalità tradizionale per sopravvivere.
Chi è lo “Sheikh Sahib”
Moulavi Hibatullah Akhunzada è nato il 19 ottobre 1967 nel villaggio di Nakuni (distretto di Panjwayi) nella provincia di Kandahar. È un pashto e appartiene alla tribù Noorzai. È figlio dell’imam del suo villaggio, che gli ha fatto da insegnante (Sheikh Moulavi Mohammad Khan). Poi, dopo l’invasione russa dell’Afghanistan, la sua famiglia è emigrata a Quetta e lui ha proseguito la formazione in una madrassa nel quartiere di Sarnan. Successivamente si è unito ai talebani. Il suo primo incarico, dopo la conquista di Kabul da parte dei miliziani, è stato nella regione Ovest. Allora fu nominato membro del dipartimento per la Promozione della virtù e della prevezione del vizio a Farah.
Il cammino da insegnante nelle madrasse a Custode della Giustizia dei talebani
Successivamente, Akhunzada si spostò a sud. Fu chiamato come insegnante a una madrassa a Kandahar su ordine dello stesso Mullah Omar. Sovrintendeva la formazione di circa 10.000 studenti. Concluso quel periodo, fu nominato Custode della Giustizia delle Corti della Sharia dei talebani. Qui diramò una serie di fatwa, che ancora oggi sono adottate in Afghanistan dall’Emirato Islamico. Il neo capo, infatti, è conosciuto più come uno studioso e un leader religioso rispetto che un comandante militare o uno stratega. Dal 2001, peraltro, sembra non si sia mai spostato dal paese. Nel 2015, è stato nominato vice leader dei talebani con il compito di riorganizzare il movimento ed eliminare i traditori. A questo proposito ha istituito commissioni speciali e un sistema di governatori ombra. Questi devono sorvegliare i comandanti e combattenti locali in tutto il paese. Da lì è venuto a conoscenza di tutte le trame e le alleanze segrete che avvenivano in Afghanistan, aumentando il proprio peso e l’influenza all’interno del movimento.
La sua nomina a leader dei talebani e i dubbi sulle sue capacità a guidare la jihad
Le informazioni e la possibilità di decider il destino di comandanti talebani e combattenti ha fatto la fortuna di Akhundzada. Il leader è diventato nel tempo un personaggio temuto anche dagli stessi vertici del movimento. Ma non solo. Nel 2012 a Quetta un uomo, sembra mandato dall’intelligence afghana (NDS), ha cercato di ucciderlo. Il tentativo, però, è fallito a seguito dell’inceppamento dell’arma con cui doveva ucciderlo. Infine, il 21 maggio 2016, Akhundzada è stato nominato capo dei talebani in Afghanistan. Ciò dopo che era stato ucciso in un attacco con droni il precedente leader dell’Emirato Islamico, Mullah Akhtar Mansour. Dalla sua nomina, però, lo studioso e religioso è rimasto nell’ombra. Ufficialmente per formare in tranquillità i suoi combattenti. Alcuni, però, ritengono che non fosse in grado di gestire la jihad operativamente e che necessariamente avesse dovuto fare affidamento sui due vice. Da qui, la sua assenza di visibilità.