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Afghanistan, i talebani vietano la coltivazione di oppio

I talebani vietano la coltivazione di oppio in Afghanistan. Dopo l’annuncio si attende il decreto attuativo, che potrebbe portare a effetti importanti a livello globale. Dal paese asiatico viene oltre l’85% della produzione mondiale
In Afghanistan sarà vietato coltivare l’oppio: lo hanno deciso i talebani. Il portavoce dell’Emirato Islamico, Zabiullah Mujahid, ha annunciato che il governo ha proibito coltivare, usare, vendere, comparare, esportare, importare ed esportare ogni tipo di droga nel paese asiatico e che i trasgressori saranno puniti duramente. Nel ban, di cui si aspetta ora il decreto attuativo, rientrano formalmente anche i papaveri. Resta, però, da capire se effettivamente verrà bloccata la produzione di narcotici, oppure se si tratta solo di una mossa di propaganda per cercare di accreditarsi con la comunità internazionale. Soprattutto dopo il riconoscimento delle relazioni formali da parte dell’ONU. Se fosse confermato, però, si tratterebbe di un’azione epocale. L’Afghanistan, infatti, produce oltre l’85% di tutto l’oppio a livello mondiale. Di conseguenza, si determinerebbero forti effetti a livello globale.
L’Emirato Islamico, se effettivamente farà quanto affermato, dovrà affrontare una serie di problemi
I talebani, se decidessero davvero in questo senso in Afghanistan, si troverebbero di fronte a due grandi problemi: il primo è come gestire i trafficanti, che traggono forti guadagni dalla produzione e dalla vendita dell’oppio e che quindi non rinunceranno facilmente ai profitti. C’è il rischio che si ribellino e dichiarino guerra all’Emirato Islamico, creando ipotetiche sinergie con ISIS Khorasan Province (ISKP, ISIS-K) contro il nemico comune. Il secondo è quello dei coltivatori, che mantengono le famiglie grazie ai pochi denari che ricevono dai trafficanti. Come sopravvivrebbero? Per di più in un momento come questo, in cui c’è una crisi economica e sociale sempre più grave nel paese asiatico nonostante gli aiuti internazionali. Infine, non va dimenticato che alcuni comandanti talebani sono anche trafficanti. Di conseguenza, c’è l’elevata probabilità di fratture all’interno del gruppo.